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FAQ CEM

Un campo elettromagnetico è un fenomeno fisico che consiste nell’esistenza contemporanea di un campo elettrico e un campo magnetico. É generato localmente da una qualunque distribuzione di carica elettrica variabile nel tempo e si propaga sotto forma di onde elettromagnetiche. Ogni qualvolta si verifica una variazione di campo elettrico o di campo magnetico si genera nello spazio un campo elettromagnetico che si propaga a partire dalla sorgente.

A livello nazionale, il riferimento normativo in materia di esposizione ai campi elettromagnetici durante il lavoro è rappresentato dal Titolo VIII (Agenti fisici) – Capo IV del D.lgs. 81/08, come modificato dal Decreto Legislativo 1° agosto 2016 n.159.

Il D. lgs 159/2016 ha recepito in Italia la Direttiva 2013/35/UE ed è entrato in vigore il 2 settembre 2016.

Il D.lgs. 81/08 prevede che il datore di lavoro valuti e, quando necessario, misuri o calcoli il livello dei campi elettromagnetici (da 0 Hz a 300 GHz) ai quali sono esposti i lavoratori.

Sulla base di ciò il datore di lavoro deve identificare e adottare le opportune misure di prevenzione e protezione, con particolare riferimento alle norme di buona tecnica e alle buone prassi. Il datore di lavoro deve considerare sia gli effetti diretti che gli effetti indiretti (si veda Faq 4) e l’eventuale presenza di lavoratori particolarmente sensibili al rischio.

Le disposizioni contenute del Titolo VIII Capo IV del D.lgs. 81/08 riguardano la protezione dagli effetti biofisici diretti (derivanti da un’interazione dei campi con i tessuti del corpo) e dagli effetti indiretti (che possono essere provocati dalla presenza di oggetti in un campo elettromagnetico) noti provocati dai campi elettromagnetici. Gli effetti diretti sono a loro volta distinti in effetti termici, come il riscaldamento dei tessuti, ed effetti non termici, come la stimolazione di nervi, muscoli ed organi sensoriali.

Le disposizioni del D.lgs. 81/08 non riguardano la protezione da eventuali effetti a lungo termine, per i quali non ci sono dati scientifici conclusivi che comprovino un nesso di causalità, né dai rischi risultanti dal contatto con i conduttori in tensione (che sono già coperti dalle norme per la sicurezza elettrica).

Le correnti indotte dovute ai CEM a bassa frequenza (fino a 10 MHz) possono indurre vari effetti avversi principalmente a carico del sistema cardiovascolare (aritmie, fibrillazione, assistolia, ecc.) e nervoso (per esempio contrazione neuromuscolare).
L’assorbimento di energia legato ai CEM a frequenze oltre i 100 kHz può causare un riscaldamento localizzato di organi e tessuti o uno stress termico generalizzato; gli effetti avversi più rilevanti sono ustioni, colpo di calore, cataratta e sterilità maschile temporanea.

La Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici (L. n. 36 del 22 febbraio 2001) definisce esposizione dei lavoratori e delle lavoratrici “ogni tipo di esposizione dei lavoratori e delle lavoratrici che, per la loro specifica attività lavorativa, sono esposti a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici” (art.3, comma 1, lettera f).

Sono quindi da intendersi come esposizioni di carattere professionale quelle strettamente correlate e necessarie alla specifica mansione assegnata.

Le disposizioni del D.lgs. 81/08 devono essere applicate a qualunque tipo di esposizione dei lavoratori a campi elettromagnetici durante il lavoro, senza alcun riferimento al carattere professionale o meno delle esposizioni.

Mentre non si applicano alle esposizioni professionali i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità previsti per la protezione della popolazione dai due DPCM applicativi 8/7/2003 e le restrizioni della Raccomandazione Europea 1999/519/CE.

In caso di esposizioni non professionali a sorgenti non gestite dal datore di lavoro devono sempre essere rispettati i livelli previsti per la tutela della popolazione. Il datore di lavoro deve assicurarsi che il gestore della sorgente abbia garantito il rispetto di tali limiti nelle aree in cui i propri lavoratori si trovano ad operare. Esempi tipici di questa situazione sono quelli di luoghi di lavoro in prossimità di una linea elettrica ad alta tensione o di una cabina di trasformazione, o di impianti fissi per le telecomunicazioni o per le trasmissioni radiotelevisive.

No. Come per gli altri rischi di esposizione ad agenti fisici, ai sensi dell’art. 181, comma 3 del D.lgs. 81/2008, il datore di lavoro può includere, nella valutazione generale dei rischi, una giustificazione in base alla quale, secondo la natura e l’entità dei rischi da campi elettromagnetici, non si renda necessaria una valutazione più dettagliata.

Si definisce situazione “giustificabile” la condizione in cui il datore di lavoro può eseguire una valutazione del rischio semplificata, cioè quando ritiene che la natura e l’entità dei rischi non rendano necessaria una valutazione dei rischi più dettagliata (come previsto dall’art. 181 comma 3 del Titolo VIII Agenti fisici – Capo I Disposizioni generali del D.lgs 81/08).

Perché un’esposizione lavorativa sia giustificabile occorre che non vi siano rischi sia per gli effetti diretti che per gli effetti indiretti, sia per i lavoratori esposti per ragioni professionali sia per i lavoratori che si configurano come “popolazione”.

Si ritengono comunemente giustificabili, per esempio, le esposizioni nei luoghi di lavoro aperti al pubblico che rispettano le restrizioni di cui alla raccomandazione europea 1999/519/CE, purché siano esclusi rischi per la sicurezza. Sono inoltre giustificabili tutte le attrezzature di lavoro destinate esclusivamente al pubblico, conformi a norme di prodotto dell’Unione europea che garantiscano il rispetto dei livelli di riferimento per la popolazione di cui alla raccomandazione europea 1999/519/CE. 

È comunque sempre fondamentale una valutazione aggiornata dell’ambiente lavorativo.

Tutte le attività che si svolgono unicamente in ambienti privi di impianti e apparecchiature elettriche e di magneti permanenti. Attività in cui si usano apparecchiature a bassa potenza (così come definite dalla norma EN 50371: con emissione di frequenza 10 MHz, 300 GHz e potenza media trasmessa fino a 20 mW e 20 W di picco), oppure in cui c’è l’uso di attrezzature marcate CE, valutate secondo gli standard armonizzati per la protezione dai CEM. Alcuni esempi di luoghi di lavoro per i quali, comunemente, si può accettare il rischio sono: uffici, centri di calcolo, negozi, alberghi, parrucchieri ecc.

Resta ferma la piena responsabilità del datore di lavoro nell’assumere la giustificazione per la propria particolare sorgente nelle specifiche condizioni e ambiente di utilizzo.

Per fare qualche esempio: centrali e sottostazioni elettriche, installatori e manutentori di sistemi fissi di telecomunicazioni, manutentori di linee elettriche, saldatori ad arco o a induzione o a scarica capacitiva, installatori e manutentori di sistemi radar, fonditori di metalli preziosi, addetti a macchine dielettriche utilizzate nel settore tessile o lavorazione di legno o plastica, macchinisti su treni ad alta velocità, operatori sanitari e personale pulizie su RM, chirurghi e personale sanitario che utilizza elettrobisturi e apparecchiature similari, fisioterapisti che utilizzano apparati di diatermia, addetti alla manutenzione e riparazione di apparecchiature/impianti medicali emittenti CEM, ecc.

In generale no. Le norme di compatibilità elettromagnetica stabiliscono vincoli sull’immunità delle apparecchiature elettriche/elettroniche ai campi elettromagnetici (cioè la capacità di funzionare correttamente anche in presenza di interferenze elettromagnetiche) e sui limiti all’emissione delle apparecchiature stesse per ridurre le interferenze su altre attrezzature utilizzate nelle vicinanze.

Questi vincoli non garantiscono automaticamente il rispetto dei limiti per la sicurezza e salute umana, a meno che tale aspetto non sia esplicitamente riportato nella norma di prodotto.

No, non è sempre necessario effettuare misurazioni. 

I datori di lavoro possono eseguire la valutazione dei rischi ricorrendo a diverse fonti informative: le guide pratiche della Commissione europea, le pertinenti norme tecniche europee e del Comitato Elettrotecnico Italiano (CEI), le specifiche buone prassi individuate o emanate dalla Commissione consultiva permanente, le informazioni reperibili presso banche dati dell’INAIL o delle regioni, le informazioni sull’uso e sulla sicurezza rilasciate dai fabbricanti o dai distributori delle attrezzature, che possono contenere indicazioni in riferimento ai livelli di emissione.

Se non è possibile stabilire con certezza il rispetto dei valori limite di esposizione sulla base di informazioni facilmente accessibili, la valutazione dell’esposizione va effettuata sulla base di misurazioni e calcoli.

I valori limite di esposizione sono valori di esposizione a campi elettromagnetici che non devono mai essere superati e il cui rispetto garantisce che i lavoratori siano protetti contro gli effetti nocivi a breve termine.

I valori di azione rappresentano parametri direttamente misurabili (intensità campo elettrico, intensità campo magnetico, ecc.), il cui superamento determina l’obbligo di adottare determinate misure di prevenzione e protezione. Il rispetto dei valori d’azione garantisce il rispetto dei pertinenti valori limite di esposizione.

La valutazione dei campi elettromagnetici, come per tutti gli altri agenti fisici, deve essere programmata ed effettuata almeno ogni quattro anni.

La valutazione dei rischi inoltre deve essere aggiornata ogni volta che si verificano mutamenti che potrebbero renderla obsoleta o quando i risultati della sorveglianza sanitaria rendono necessaria la sua revisione.

Per approfondire l’argomento è possibile consultare il Portale Agenti Fisici-sezione CEM. Considerato inoltre il progressivo aggiornamento di norme, linee guida e standard tecnici in materia di CEM consigliamo sempre di rivolgersi al nostro personale qualificato per una consulenza mirata.